I Disturbi Alimentari

I Disturbi Alimentari

Mia figlia ha iniziato a fare tantissima attività fisica, dice che vuole assomigliare alle modelle che vede tutti i giorni su Instagram, credo stia dimagrendo troppo. Sono preoccupata…”.

Spesso molte ragazze, a causa della società occidentale che propone quotidianamente modelli femminili “perfetti” (anche se modificati con programmi di fotoritocco), interiorizzano l’ideale di magrezza per voler assomigliare sempre più a quei corpi magri, attraenti e di successo. In questo modo diventano sempre più insoddisfatte del proprio corpo e aumenta significativamente il rischio di incorrere in un disturbo del comportamento alimentare.

Ma cosa sono i disturbi alimentari?

I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono patologie caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo. Insorgono prevalentemente durante l’adolescenza e colpiscono soprattutto il sesso femminile. I comportamenti tipici di un disturbo dell’alimentazione sono: la diminuzione dell’introito di cibo, il digiuno, le crisi bulimiche (ingerire una notevole quantità di cibo in un breve lasso di tempo), il vomito per controllare il peso, l’uso di anoressizzanti, lassativi o diuretici allo scopo di controllare il peso, un’intensa attività fisica.

Una caratteristica quasi sempre presente in chi soffre di un disturbo alimentare è l’alterazione dell’immagine corporea che può arrivare ad essere un vero e proprio disturbo. La percezione che la persona ha del proprio aspetto sembra influenzare la sua vita più della sua immagine reale.

Alcune persone possono ricorrere ad uno o più di questi comportamenti, ma ciò non vuol dire necessariamente che esse soffrano di un disturbo dell’alimentazione. Ci sono infatti dei criteri diagnostici ben precisi che chiariscono cosa debba intendersi come patologico e cosa invece non lo è.

Quali sono i principali DCA?

I principali disturbi dell’alimentazione e i relativi criteri diagnostici presenti nel DSM-5 sono:

  • Anoressia nervosa:

  1. Restrizione dell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso rispetto a età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo atteso.

  2. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso.

  3. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, o persistente non riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso.

  • Bulimia nervosa:

  1. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi i seguenti aspetti:

    1. Mangiare, in un determinato periodo di tempo, una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili.

    2. Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando).

  2. Ricorrenti ed inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva.

  3. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

  4. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo.

  5. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa.

  • Disturbo da alimentazione incontrollata (o binge eating disorder, BED):

  1. Ricorrenti episodi di abbuffate. Un episodio di abbuffata è caratterizzato da entrambi gli aspetti già sopra citati.

  2. Gli episodi di abbuffata sono associati a tre (o più) dei seguenti aspetti:

    1. Mangiare molto più rapidamente del normale.

    2. Mangiare fino a sentirsi spiacevolmente pieni.

    3. Mangiare grandi quantità di cibo anche se non ci si sente fisicamente affamati.

    4. Mangiare da soli perché a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando.

    5. Sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi o assai in colpa dopo l’episodio.

  3. È presente un marcato disagio riguardo alle abbuffate.

  4. L’abbuffata si verifica, in media, almeno una volta alla settimana per 3 mesi.

  5. L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa.

I manuali diagnostici, inoltre, descrivono anche altri disturbi correlati, come i disturbi della nutrizione e i disturbi alimentari sottosoglia, categoria utilizzata per descrivere pazienti con un disturbo clinicamente significativo, ma che non soddisfano i criteri per una diagnosi piena.

Quali sono le conseguenze psicologiche di un DCA?

Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali. Per la persona che soffre di un disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo e alla paura di ingrassare. Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e motivo di ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici, partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio. Spesso i pensieri sul cibo assillano la persona anche quando non è a tavola, ad esempio a scuola o sul lavoro; terminare un compito può diventare molto difficile perché nella testa sembra che ci sia posto solo per i pensieri su cosa si “deve” mangiare, sulla paura di ingrassare o di avere una crisi bulimica.

Cosa fare?

Purtroppo, solamente una piccola percentuale di persone che soffrono di un disturbo dell’alimentazione chiede aiuto, perchè la consapevolezza di avere un problema è scarsa e la paura di affrontare un cambiamento fortissima.

È indispensabile una corretta valutazione diagnostica. Non tutti i problemi che si manifestano con un alterato comportamento alimentare sono dei veri e propri disturbi dell’alimentazione. È importante fare una diagnosi differenziale sia con altre patologie psichiatriche, come la depressione o le fobie, che con patologie internistiche, come il morbo celiaco o problemi endocrini.

La valutazione ha anche molti altri obiettivi di fondamentale importanza. Prima di tutto è il momento in cui si inizia a stabilire un rapporto di fiducia. La persona ha bisogno di sentirsi capita, ma nello stesso tempo ha bisogno di sentire di essere in un posto dove questi disturbi sono conosciuti e affrontati con competenza.

Non meno importante, nella fase di valutazione vengono raccolte tutte quelle informazioni che servono al terapeuta per poter capire quale sia il percorso terapeutico più adeguato e poterlo proporre al proprio paziente, al fine di aumentarne la collaborazione e la motivazione, promuovere un cambiamento delle abitudini alimentari e modificare i pensieri disfunzionali riguardanti il cibo e il peso, con ricadute positive anche sull’autostima e sulla qualità di vita.

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